Mediaset-Vivendi, intervista esclusiva a Enzo Carra. “La Legge Gasparri nacque per salvare Rete4 ed Emilio Fede”

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Enzo Carra

Caso Mediaset-Vivendi: dopo la bocciatura della Legge Gasparri in Ue, la nostra intervista esclusiva a Enzo Carra, relatore di minoranza del provvedimento

Il caso Mediaset-Vivendi si è arricchito di un nuovo tassello con la bocciatura della Legge Gasparri da parte della Corte di Giustizia Europea. Secondo l’Ue, in una sentenza definita “storica”, la legge che porta il nome dell’ex Ministro delle telecomunicazioni, approvata nel 2004, viola le norme europee. E in particolare l’articolo 49 del Trattato Ue.

La sentenza ha prodotto i suoi primi effetti in Italia. L’AgCom chiederà infatti all’Esecutivo Conte di riscrivere la Gasparri. In particolare le norme antitrust che oggi impediscono a un’azienda di crescere sia nel settore televisivo sia in quello delle telecomunicazioni e di Internet. 

L’intervista a Enzo Carra

Relativamente al provvedimento che vide la luce sedici anni fa (un’era geologica nel campo delle telecomunicazioni) e che oggi torna alla ribalta delle cronache politiche e finanziarie, abbiamo intervistato in esclusiva Enzo Carra. Giornalista, più volte Deputato, già portavoce della Democrazia Cristiana nella segreteria di Arnaldo Forlani, già esponente di spicco della Margherita (della quale è stato tra i fondatori), del Partito Democratico e poi dell’UdC, all’epoca in questione era membro della Commissione di Vigilanza Rai, della Commissione Cultura nonché relatore di minoranza della legge sull’emittenza televisiva ora respinta dalla Ue.

Dopo la bocciatura dell’Unione Europea alla legge che porta il suo nome, il Senatore Gasparri ha parlato di tetti al Sic come “concessione al Centrosinistra”. Come gli risponde lei che fu relatore di minoranza del provvedimento?

La Legge Gasparri va vista soprattutto come operazione di salvataggio della Rete4 e di Emilio Fede che avrebbe dovuto trasmigrare sul satellite. Allora direttore e conduttore del Tg4, Fede, legatissimo a Silvio Berlusconi, era il ventriloquo del Cavaliere. Benché fossero Canale5 e Italia1 a portare a casa i grandi numeri in termini di ascolti e di pubblicità, era Rete4 il “braccio armato politico” del Cavaliere. Il  Sic (Sistema Integrato delle Comunicazioni), dal canto suo, non nacque per “concessione al Centrosinistra” come sostiene Gasparri, bensì per impedire che Telecom potesse investire nel settore televisivo. In altri termini, scongiurato il tentativo di costruzione del Terzo Polo da parte di Roberto Colaninno, si mirava a evitare che qualcun altro ritentasse il “colpo”.

Da relatore di minoranza qual ero, m’impegnai nel mettere in luce come quella Legge fosse stata studiata per tutelare il Cavaliere e le sue Tv. Il colpo riuscì, ma non scongiurò poi l’avvento di nuove realtà nel settore (basti pensare a La7, che ha via via eroso ascolti proprio a Rete4 nel campo dell’approfondimento politico). La Legge, invece, finì per indebolire la Rai, di cui all’epoca Berlusconi, Presidente del Consiglio, era per così dire socio di maggioranza.  A quei tempi la concorrenza tra le reti televisive si concentrava tra quelle che erano nei primi sei tasti del telecomando. Di fatto il Cavaliere finì allora per impadronirsi di cinque dei sei tasti, lasciandone uno, la Terza Rete Rai, all’opposizione che però, dopo la sconfitta elettorale del 2001, faticava a rimettersi in ordine.

Quelli della Legge Gasparri erano gli anni dell’Editto Bulgaro e della Rai “asservita al Cavaliere”, come ha fatto notare lei e per usare le parole dell’attuale Segretario della Vigilanza Rai Michele Anzaldi. A suo parere, oggi, la situazione del Servizio Pubblico Radiotelevisivo è cambiata in peggio o in meglio rispetto a quel periodo?

La Rai è cambiata. Da servizio pubblico è diventata un broadcaster che vive grazie a prodotti di eccellenza, soprattutto fiction, è incerta sull’intrattenimento (meno male che Sanremo c’è), tiene brillantemente nel giornalismo d’inchiesta (ReportPresa Diretta), ma ha smesso di credere nell’attualità tanto da perdere regolarmente nelle dirette con la Tv di Enrico Mentana. Poi è meglio non parlare dello Sport. Insomma il servizio pubblico oggi lo fanno quelli che non sono pagati per farlo. Quanto alla politica, la Rai oggi se ne tiene prudentemente lontana, domani si vedrà. Certo, se si mettesse in piedi un gruppo d’ascolto sui Tg nazionali e su quelli locali ci sarebbe da ridere, o meglio da piangere. In conclusione: La legge Gasparri tra gli altri effetti ha avuto quello di togliere un pezzo d’anima alla Rai e dall’altra parte nessuno ha lavorato a una legge diversa che si occupasse del presente e del futuro di questa azienda e del servizio pubblico.  

Cosa ne pensa dell’ipotesi, ventilata dopo la bocciatura Ue della legge Gasparri, di aumentare il canone privando i canali Rai della pubblicità?

Un conto è la buona notizia che arriva dalla Corte di Giustizia Europea sulla bocciatura della Gasparri, un altro quella terroristica che avanza l’ipotesi di un aumento del canone Rai, proprio ora, in tempo di pandemia e di recessione economica.  Sarebbe bello disfarsi della pubblicità, ma non credo sia possibile. Secondo me bisognerebbe comunque rimodulare il sistema. Perché infliggere in ore pasti degli spot che esibiscono ascelle sudate, volti di sofferenti per stitichezza, signore che si bagnano e bocche sanguinanti? Questi non sono spot pubblicitari, sono attentati. Resta infine il controllo di qualità sugli spot, molti di quelli che vanno in onda sono pietosi. Un tempo l’azienda interveniva, per non deprimere e spaventare gli italiani. 

Di questi tempi la domanda è d’obbligo: come voterà al referendum sul taglio dei Parlamentari?

Voterò NO. E non mi faccio incantare da chi assicura che il taglio è soltanto il primo passo della grande riforma. Ho paura invece che il sì sarà il primo passo verso il burrone.